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Calcolo delle probabilità: al Grand Hotel con Lem e Hilbert

 

 

 

… wir müssen wissen, wir werden wissen …  

 
“… Proprio quando il robot aveva esaurito la sua intera scorta di storie e aveva cominciato a ripetersi (non c’è niente di peggio di un robot elettronico che ripete una vecchia storia per la decima volta), la meta del mio viaggio apparve in lontananza. Le galassie che coprivano la linea misteriosa erano ora alle mie spalle, e davanti a me stava. . . l’hotel Cosmos. Qualche tempo prima avevo costruito un piccolo pianeta per alcuni esuli interstellari vagabondi, ma quelli lo avevano fatto a pezzi e si erano ritrovati di nuovo senza un rifugio. Allora avevano deciso di smettere di vagare per galassie sconosciute e avevano messo su un edificio grandioso: un hotel per tutti i viaggiatori del cosmo.

Questo hotel si estendeva attraverso quasi tutte le galassie. Dico ”quasi tutte” perché gli esuli smantellarono alcune galassie disabitate e rubarono qualche costellazione fuori mano da ognuna delle rimanenti.
Comunque, costruendo l’hotel avevano fatto un lavoro meraviglioso. In ogni stanza c’erano rubinetti da cui scorreva plasma caldo o freddo. Se lo desideravi, potevi essere smembrato in atomi per la notte, e la mattina dopo il portiere ti avrebbe rimesso insieme.
Cosa più importante, nell’hotel c’era un numero infinito di stanze.
Gli esuli speravano che da quel momento in poi nessuno avrebbe più dovuto sentire la famosa frasetta irritante che li aveva afflitti nei loro vagabondaggi: “Non c’è più posto”.
Nonostante ciò, non ebbi fortuna. La prima cosa che attrasse la mia attenzione entrando nella hall fu un cartello: “I delegati del congresso di zoologia cosmica sono pregati di registrarsi al 127-esimo piano”.
Siccome gli zoologi cosmici venivano da tutte le galassie, e di galassie ne esiste un numero infinito, saltò fuori che tutte le stanze erano occupate da partecipanti del congresso. Non c’era posto per me. Il concierge tentò, è vero, di convincere qualche delegato a stringersi un po’, in modo che potessi dividere la stanza con uno di loro. Ma quando scoprii che uno dei potenziali compagni di stanza respirava fluorina e che un altro considerava normale una temperatura ambientale sugli 860 gradi, rifiutai cortesemente questi “piacevoli” coinquilini.
Per fortuna il direttore dell’hotel era stato un esule e ricordava il buon servigio che avevo reso a lui e ai suoi compagni. Avrebbe cercato personalmente una stanza per me. In fondo, passando la notte nello spazio interstellare, uno poteva prendersi una polmonite. Dopo aver meditato un po’, il direttore si rivolse al concierge e gli disse: “Mettilo nella stanza 1”.
E dove metterò l’ospite della 1?
Mettilo nella 2. Sposta l’ospite della 2 nella 3, quello della 3 nella 4 e così via.
Fu solo in quel momento che cominciai ad apprezzare le qualità insolite dell’hotel.
Se ci fosse stato solo un numero finito di stanze, l’ospite dell’ultima si sarebbe dovuto trasferire nello spazio interstellare. Ma siccome l’hotel aveva un numero infinito di stanze, c’era spazio per tutti, e io potei prendere possesso di una stanza senza privare nessun zoologo cosmico della sua.
Il mattino dopo, non fui stupito di scoprire che mi si domandava di spostarmi nella stanza numero 1.000.000. Semplicemente, alcuni zoologi cosmici erano arrivati in ritardo dalla galassia VSK-3472, e si dovette trovare una stanza per altri 999.999 ospiti. Ma il terzo giorno del mio soggiorno nell’hotel, mentre stavo andando dal concierge per pagare la mia stanza, vidi con disappunto che dal suo banco si estendeva una
fila la cui fine scompariva da qualche parte nei pressi delle Nubi di Magellano.
In quell’istante sentii una voce:
Scambio due francobolli della nebulosa di Andromeda per uno di Sirio.
Chi ha il francobollo erpeano della cinquantasettesima era cosmica?
Confuso, mi rivolsi al concierge:
Chi sono queste persone?
Questo è il congresso interstellare dei filatelici.
E ce ne sono molti?
Un insieme infinito: un rappresentante per ogni galassia.
Ma come farete a trovargli una stanza? Dopotutto, gli zoologi cosmici non se ne vanno fino a domani.
Non lo so. Sto giusto andando a parlarne un momento con il direttore.
Ad ogni modo, il problema questa volta si rivelò molto più difficile e un momento si trasformò in un’ora.
Alla fine il concierge lasciò l’uscio del direttore e cominciò a dare le sue disposizioni.
Come è possibile sistemare tutti gli ospiti? …”
 
Tranquilli! non è farina del mio sacco ma solo uno stralcio de “L’hotel straordinario”, cioè “il milleunesimo viaggio di Ion il Tranquillo” che nel ’68 è uscito dalla penna di Stanislaw Lem (Ucraina 1921 – Polonia 2006) uno dei più divertenti scrittori di fantascienza contemporanei.
Nei suoi racconti, Lem attira per l’invenzione e per geniali giochi matematici come il Paradosso di Hilbert creato per mostrare alcune caratteristiche del concetto di infinito e le differenze fra operazioni con insiemi finiti ed infiniti.
Ma se Lem è geniale, Hilbert è quanto meno singolare: si racconta persino che durante gli anni venti mentre mangiava al ristorante chiedesse alle signore più eleganti di prestargli il loro boa piumato per ripararsi dagli spifferi.
Altre cose si dicono di lui: come quella che avesse uno studente eccezionale che un bel giorno gli fece una dimostrazione dell’ipotesi di Riemann. Hilbert la studiò fino a restarne impressionato. Purtroppo vi trovò un errore che la invalidava e quando lo studente poco dopo ebbe il destino di morire, Hilbert presenziò al funerale e fu incaricato di redigere il discorso. Iniziò col dire che quella morte era una perdita enorme per la matematica ma che sperava che le linee della sua dimostrazione sarebbero state seguite da altri. “In effetti” iniziò a dire sotto la pioggia, accanto alla tomba “si consideri una funzione di variabile complessa…”.
 
David Hilbert (Germania 1862 – 1943) è stato uno dei più influenti matematici a cavallo dei due secoli.
Celebri i suoi studi sulle funzioni circolari e l’algebra binaria.
A Hilbert si deve la fondazione della scuola matematica formalista. Secondo questo concetto “formale” la matematica è un gioco senza significato in cui si gioca con contrassegni privi di significato ma secondo regole formali concordate in partenza (un po’ come le Opzioni di Borsa, dico io!). In pratica è esclusivamente un’attività autonoma del pensiero. Questo era il motto di Hilbert: “Wir müssen wissen, wir werden wissen” <dobbiamo sapere, sapremo> .
Nonostante il grande impegno, i lavori di Hilbert sarebbero stati destinati al fallimento perché poco più tardi Gödel scoprirà che un sistema formale non contraddittorio non può dimostrare la propria completezza dall’interno dei suoi assiomi.
Ciononostante non ci sono dimostrazioni sulla completezza della matematica da parte di un differente sistema formale (potete anche rivedere: La Musica e il Teorema di Gödel su questo sito: http://www.francescocaranti.com/oltre_la_borsa/teorema_godel ).
Il paradosso di Hilbert è anche noto come il Paradosso del Grand Hotel come in effetti Lem riprende nel suo fantasioso libro.
Cerchiamo di capire di cosa realmente si tratta:
Si deve immaginare un hotel con infinite stanze, tutte occupate. L’affermazione del paradosso è che qualsiasi sia il numero di altri ospiti che arriveranno, sarà sempre possibile ospitarli tutti, anche se il numero dei nuovi ospiti fosse infinito.
Nel caso più semplice, supponiamo arrivi un singolo e nuovo ospite.
Che farà l’albergatore? Ma certo, sposterà tutti i clienti nella camera successiva (l’ospite della 1 alla 2, quello della 2 alla 3, etc.).
Così facendo, per quanto l’albergo sia pieno comunque, in quanto infinito per definizione, potrà ugualmente sistemare il nuovo ospite.
Un caso meno intuitivo si ha quando arrivano infiniti nuovi ospiti. Sarebbe possibile procedere nel modo visto in precedenza, ma solo scomodando infinite volte gli ospiti. La soluzione è quella di spostare ogni ospite nella stanza con numero doppio rispetto a quello attuale (dalla 1 alla 2, dalla 2 alla 4,etc.), lasciando ai nuovi ospiti tutte le camere con i numeri dispari, anch’essi infiniti. Gli ospiti sono tutti dunque sistemati, benché l’albergo fosse pieno.
Procedendo, si suppongono infiniti alberghi con infinite stanze tutti al completo. Tutti gli alberghi chiudono, tranne uno. Tutti gli ospiti vogliono alloggiare nell’unico albergo rimasto aperto. Sarebbe possibile procedere come prima, ma solo scomodando infinite volte gli ospiti. Una soluzione più elegante è quella di assegnare ad ogni persona una coppia di numeri (n,m) in cui “n” indica l’albergo di provenienza, e “m” la relativa stanza.
Gli ospiti risultano così etichettati in questo modo:  
(1,1) (1,2) (1,3) … (1,m)
(2,1) (2,2) (2,3) … (2,m)
(3,1) (3,2) (3,3) … (3,m)
… … … … … … … … … …
(n,1) (n,2) (n,3) … (n,m)
 
A questo punto basta assegnare le nuove stanze agli ospiti secondo un criterio ordinato, ad esempio secondo uno schema diagonale:
La coppia 1,1 va in 1
La coppia 2,1 va in 2
La coppia 1,2 va in 3
La coppia 3,1 va in 4
… … … … … … … … … …
Il Paradosso non è nulla di particolarmente cervellotico, semplicemente serve ad aprire la mente sul concetto (incomprensibile a noi umani) di infinito e infinito matematico.
 
Bene, cari amici del Sito, per oggi basta così.
Fermiamo pure le rotelle dei nostri cervelli per concentrarci solo ed assolutamente sui festeggiamenti dell’anno che viene.
 
Che il 2010 sia per tutti voi un anno FELICISSIMO !!!  
 
Infiniti auguri da parte di tutta la redazione.
 
Francesco Caranti
 

Per informazioni, commenti o curiosità scrivete a fc@francescocaranti.net