… l’ipercubo, un’entità geometrica di ‘n’ lati con ‘n’ maggiore di tre…
Nei giorni scorsi, il nostro Caranti ci ha lasciati con le elucubrazioni del Sommo Poeta, il quale, come abbiamo visto, già nel Trecento ha, sia pure inconsapevolmente, introdotto il concetto di spazio multidimensionale nella sua rappresentazione dell’Universo che rimanda al
concetto di Ipersfera.
Da allora sono passati settecento anni, eppure nella nostra esistenza noi continuiamo a credere che le dimensioni oltre la terza siano concetti puramente astratti e che non possano avere alcuna rilevanza a livello pratico. Ciò perché i nostri sensi sono in grado di percepire solo le tre dimensioni spaziali.
In questo noi umani pecchiamo, se non di ignoranza, quantomeno un po’ di presunzione, dal momento che diamo per scontato che l’Universo possa essere costituito solo nel modo in cui lo vediamo noi, applicando ancora l’assioma di Parmenide, secondo cui le cose sono per quello che appaiono: se non che da allora sono passati non secoli, ma millenni, e nel frattempo il mondo è andato avanti.

In matematica, la scienza astratta per eccellenza, l’utilizzo di funzioni a ‘n’ variabili, con n numero qualunque maggiore di tre, è ormai da moltissimo tempo assolutamente un fatto di ordinaria amministrazione: talvolta, quando il numero delle variabili non è di molto superiore a tre, per aiutare lo studio di queste funzioni, vengono rappresentate graficamente nel piano, tramite assonometria tridimensionale, dove per comodità alcune variabili sono ipotizzate costanti, in quanto diversamente non sarebbe possibile: ma una simile rappresentazione non resta altro che una semplificazione per venire in qualche modo incontro ai modesti limiti della nostra percezione sensoriale, in realtà nessuno può essere sicuro della non esistenza di mondi in cui vivano entità in grado di percepire altre dimensioni! Ed in effetti, il nostro immaginario collettivo è stato sempre molto stuzzicato dalla possibile esistenza della “quarta dimensione” .
A titolo di esempio, vale la pena citare un divertente racconto fantastico di Edwin Abbott intitolato “Flatland” (Mondo Piatto) scritto nel XIX secolo. L’autore narra le vicende di un mondo a due dimensioni, popolato da entità bidimensionali per le quali il piano è l’universo, quando inaspettatamente il Quadrato, il protagonista di maggior spicco, incontra la Sfera, proveniente da un mondo a tre dimensioni, la quale cerca , inizialmente senza successo, di convincerlo riguardo all’esistenza della Terza Dimensione; tuttavia, qualche tempo dopo, lo stesso Quadrato non solo si convince, ma addirittura si “gasa” e cerca di andare oltre elaborando congetture sull’esistenza di mondi a quattro o cinque dimensioni, che la Sfera invece rifiuta in modo stizzito, dimostrandosi più miope e ottusa di una entità che vive in un mondo “inferiore”! … Come a dire che le convinzioni di noi abitanti del Mondo a Tre Dimensioni sono dure a morire ma che comunque, nonostante la nostra fatica a “visualizzarle”, la possibile esistenza di dimensioni superiori esiste davvero e ci affascina non poco.
Ed in effetti, già nella Fisica, una scienza complessa ma molto meno astratta della Matematica, è stato ampiamente riscontrato che per studiare il moto dei corpi, le sole
Equazioni Cardinali della Meccanica Razionale non sono sufficienti (l’immagine a fianco è di
Archita da Taranto – 400 a.c. filosofo pitagorico e fondatore della Meccanica Razionale).
Infatti i primi risultati del Relativismo hanno portato, per descrivere la posizione di un punto, l’esigenza di superare la classica terna di coordinate cartesiane x, y, x (vettore posizione, le cui derivate prima e seconda divengono rispettivamente Velocità ed Accelerazione) introducendo il Quadrivettore Spazio–Temporale, nel quale, oltre alle coordinate cartesiane x,y,z interviene il tempo, entità assolutamente indispensabile per lo studio del moto di un corpo in un sistema che è anche esso stesso in movimento rispetto ad un altro sistema la cui origine è ipotizzata coincidente con la sorgente della luce. Ebbene, pur senza dilungarmi inutilmente, mi limito a riportare i risultati principali a livello pratico cui si perviene determinando il moto nell’ipotesi semplificativa di velocità della luce costante (trasformazioni di Lorenz). In particolare, all’interno di un sistema in moto :
a) I tempi propri si rallentano
b) Le distanze si contraggono
c) La massa e la quantità di moto aumentano.
A questo punto è intuibile come l’entità “tempo” assuma un ruolo centrale nella ricerca della quarta dimensione: c’è perfino chi identifica come tale il tempo stesso, tant’ è che esistono bizzarre sculture in movimento definite dai loro autori impropriamente “quadridimensionali”, la cui proiezione nello spazio tridimensionale altro non è che la loro posizione quando sono tenute ferme; tuttavia la nostra immaginazione, in tema di quarta dimensione e di tempo, si spinge molto più in là. Al riguardo, mi viene in mente un film di genere misto tra fantascienza e horror che ho visto alcuni anni fa, “Cubo 2” (Hypercube), basato sull’entità geometrica ipercubo, ovvero un cubo n – dimensionale, avente n lati con n maggiore di 3. La trama è costituita dalle vicende di una decina di strani personaggi di vario genere, dalla vecchietta smemorata, all’impiegata, al militare del Pentagono, che si ritrovano dentro una struttura misteriosa costituita da stanze cubiche nelle quali le leggi della Meccanica Classica non valgono più. Ciascun cubo ha delle porte che conducono ad altri cubi appartenenti a dimensioni parallele, tutto è indeterminato: il tempo stesso non è più oggettivo, dal momento che in alcuni cubi è rallentato, in altri è velocizzato e anche la forza di gravità è alterata. Ed ogni stanza, ovviamente, è costellata di trappole mortali che progressivamente riducono il numero dei superstiti che cercano la soluzione per uscire da quella mostruosa struttura, che ha una scadenza temporale raggiunta la quale è destinata ad implodere in se stessa come un buco nero. A mio avviso, il film è stato ingiustamente bocciato sia dal pubblico che dalla maggior parte della critica: è vero che l’idea dell’ipercubo poteva essere sfruttata meglio e che i principi della Meccanica Relativistica sono stati “applicati” in modo superficiale, ed alcune scene “splatter” sono improbabili, ma se non altro la pellicola ha il merito di mettere un po’ in moto il cervello dello spettatore facendolo riflettere su temi complessi, quando nella maggior parte dei casi è atrofizzato da scialbe storielle amorose, film d’azione banali o commedie demenziali. Inoltre, il finale, seppure a detta di molti banale (l’uccisione della donna che riesce a risolvere l’enigma, e quindi a scappare dagli oscuri e ignoti “manovratori”) non può non far riflettere su un concetto: con il progredire della nostra conoscenza, noi ci illudiamo di avvicinarci sempre più alla Verità Assoluta, battezzata suggestivamente da Caranti nel precedente intervento come il “fuoco definitivo” ma tutte le volte che facciamo un passo significativo, ecco che un’entità superiore ci fa tornare brutalmente sulla terra dimostrandoci la nostra nullità, facendoci capire, a volte in modo bonario, a volte crudele o beffardo, quanto ancora siamo lontani, proprio noi che ci crediamo i dominatori dell’Universo!
Tuttavia io penso che a questa fantomatica Entità che ci sfida e ci fa piccoli – talvolta impietosamente – non dobbiamo altro che essere grati. E per quanto il nostro destino sia spesso quello di “rincorrere” le persone, i fatti e le esperienze non possiamo negare che ogni volta miglioriamo ed avanziamo un po’, anche senza arrivar primi.
Bene, dopo queste riflessioni non mi rimane che ringraziarvi e invitarvi a continuare a seguirci con passione. Più avanti approfondiremo alcune tematiche che ci riguardano da vicino: in particolare l’utilizzo di funzioni a più variabili da applicare ai sistemi di trading.
Un saluto a tutti, vi aspetto numerosi per i prossimi appuntamenti.
Giangiacomo Rossi