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Opzioni di Borsa – Tecnica e psicologia: un dualismo perenne nello sport e nella vita

 

 

 

… il vero retroscena dei “maledetti” rigori…

A ognuno dei nostri amici lettori, appassionati di calcio e non, è di sicuro capitato di assistere a qualche partita dalla quale doveva obbligatoriamente uscire un vincitore, o per assegnare un titolo o per individuare una squadra qualificata al turno successivo in un torneo, dopo che i 90’ regolamentari, e perfino i tempi supplementari, sono stati conclusi in parità dalle due squadre. In simili casi, all’arbitro altro non rimane che dare inizio alla cosiddetta “lotteria” dei calci di rigore consistente in una sequenza di 5 tiri dagli undici metri per squadra da eseguirsi in alternanza.

Al termine della serie, la squadra che avrà realizzato più reti avrà vinto, ed in caso di parità dopo il quinto tiro, si proseguirà ad oltranza fino al primo errore di uno dei tiratori, che decreterà la vittoria dell’avversario (nella foto, l’errore di De Rossi contro la Spagna). E’ un momento indubbiamente emozionante, incredibilmente ricco di adrenalina e pathos: perfino mia nonna, che ha quasi 100 anni, e non ha mai seguito alcuna competizione calcistica, trova molto divertente un simile finale di partita, ed ogni volta che le si presenta la possibilità, si inchioda al televisore per seguire la sequenza dei calci di rigore. Molti addetti ai lavori o semplici appassionati definiscono tale epilogo “lotteria”, a causa della assoluta imprevedibilità dell’ esito. O anche perché un tempo, prima dell’introduzione dei rigori, in caso di parità il vincitore veniva decretato letteralmente a sorte, tramite il lancio della monetina! Viene da dire che sono sempre meglio i rigori della monetina, metodo assolutamente crudele ed antisportivo, dato che i rigori almeno bisogna saperli calciare, e quindi la vittoria comunque contiene un criterio meritocratico; ma se fosse così, allora la squadra tecnicamente più dotata o più esperta vincerebbe sempre mentre invece la storia e la statistica mostrano una verità completamente diversa. O almeno, così dice uno studio su ben 260 partite risolte ai calci di rigore negli ultimi 30 anni, con ben 2.681 tiri , condotto dagli economisti spagnoli Jose Apesteguia e Ignacio Palacios-Huerta — rispettivamente della Universitat Pompeu Fabra di Barcellona e London School of Economics. Nello studio sono state prese in considerazione tutte le variabili possibili ed immaginabili che possono influenzare l’esito del confronto: prestigio e palmares delle squadre, età anagrafica ed esperienza di tiratori e portieri, fattore campo, la squadra che ha giocato meglio durante la partita, ecc. . E sapete qual è l’unico fattore che ha una notevole rilevanza? Ebbene, questo è l’ordine dei tiri: la statistica dimostra in modo inconfutabile che in 60 casi su 100 a prevalere è stata la squadra che ha iniziato a calciare per prima. E’ vero che entrambe le squadre hanno a disposizione lo stesso numero di rigori, e quindi l’ordine non dovrebbe fare la differenza, ma a quel punto entrano in ballo le componenti irrazionali della natura umana: in effetti, una volta che il primo rigore è stato calciato e magari è entrato il secondo tiratore per la squadra avversaria, a quel punto sa che deve necessariamente segnare, altrimenti la sua squadra si troverà sotto di un goal, e questo aumenta in modo notevole la sua pressione psicologica e con essa la probabilità di calciare male il suo rigore. Inoltre il quadro psicologico appena descritto, ovvero di sollievo per chi ha calciato (e realizzato) per primo, e di allarme per chi deve calciare per secondo, si modifica a sfavore della squadra che calcia per seconda, all’avanzare della sequenza, fino a consegnare un fardello psicologico pesantissimo a chi deve calciare per secondo il quarto ed il quinto rigore. Ed in effetti sembra incredibile come in queste sequenze la percentuale di rigori sbagliati sia notevolmente più alta rispetto a quelli calciati durante le partite, eppure succede anche a grandissimi campioni specializzati nei tiri dal dischetto, non solo a chi “rigorista” ufficiale non è, ma si ritrova a dover calciare; inutile stare a fare esempi, gli annali calcistici sono pieni di acclarati campioni messi alla gogna per aver fallito un rigore decisivo … anche nomi del calibro di Baggio, Trezeguet e Beckam per ricordare protagonisti della storia recente del calcio internazionale. Assai più limitata, in questo studio statistico, l’importanza dell’abilità dei portieri: in effetti, è vero che un portiere più forte in teoria dovrebbe parare più rigori, ma lo è ancor di più se il tiro dal dischetto è scoccato con sufficiente forza e precisione: il portiere non ha scampo. Se infatti non prova ad anticipare la parata buttandosi da una parte ed attende la partenza del tiro, non avrà mai il tempo di andarlo a prendere, se è ben eseguito. Ma se viceversa prova ad anticipare e si tuffa prima e il tiratore non “abbocca” a quest’ ultimo non rimane altro che calciare comodamente in rete dalla parte opposta del portiere che a quel punto è già accovacciato sull’erba maldestramente fuori posizione (come si dice in gergo, “spiazzato”)! Queste considerazioni puramente tecniche depongono nettamente a sfavore del portiere, che fondamentalmente può solo sperare che il tiratore avversario commetta un errore; tuttavia, soprattutto dopo 120’ giocati allo spasimo con una posta in gioco elevatissima e magari con le gambe piene di acido lattico ed in preda ai crampi, per il tiratore la porta sembra piccola ed il portiere assai grande, oltretutto, proprio perché il portiere non ha nulla da perdere, essendo normale che un rigore venga segnato, la pressione psicologica grava esclusivamente sul tiratore.
Da ciò deriva che calciare male un rigore non è poi così difficile, dopodiché il quadro che si delinea nel momento in cui l’arbitro insieme ai due capitani sorteggia l’ordine di esecuzione dei tiri fa il resto (nella foto, il portiere della Juventus e della Nazionale Gianluigi Buffon). Sia ben chiaro: il risultato dello studio statistico citato non deve essere preso per oro colato: non mi va di finire in prigione per avervi invitato a scommettere “dal vivo” sull’esito di un confronto ai rigori puntando il vostro denaro sulla squadra che tirerà per prima. La storia è piena di celebri partite in cui la squadra che ha calciato per prima ha avuto la peggio.
 
A titolo di esempio ricordo due eventi per i quali ancora, rispettivamente da compatriota e da tifoso sono rimasto indispettito: la finale dei mondiali Usa 1994 Italia – Brasile e la finale di Champions League 2003 di Manchester tra Milan e Juventus.
 
A proposito della sciagurata finale di Usa 1994, approfitto di questa occasione per spezzare una lancia a favore di Roberto Baggio, che fu letteralmente massacrato dai media per aver fallito in malo modo l’ultimo rigore, consentendo al Brasile di mettere le mani sulla Coppa del Mondo: non tutti ricordano che fu solo grazie alle giocate fenomenali di Baggio che la sgangherata banda di Arrigo Sacchi arrivò a giocarsi la finale, ma soprattutto che nel momento in cui toccò a lui calciare l’ultimo rigore c’erano già stati gli errori di Baresi e Massaro, e quindi la frittata era praticamente già fatta, in quanto anche avesse segnato sarebbe stato indispensabile il successivo errore del Brasile. Da ciò è facile comprendere come il suo quadro psicologico nel momento di calciare fosse particolarmente delicato, proprio perché perfettamente consapevole che anche un suo gol molto probabilmente non sarebbe servito a nulla. Bisogna tuttavia ammettere che gli uscì un tiro inguardabile, più simile ad un calcio piazzato di rugby che ad un rigore, per quanto alto sorvolò la traversa: nulla a che vedere con il suo tipico rigore costituito da una implacabile rasoiata a pelo d’erba e a fil di palo che il portiere può solo osservare finire in rete!
 
Quindi, tirare per primi i rigori certamente non garantisce di vincere sempre, ma comunque migliora il quadro psicologico ed aumenta le probabilità di un 20% … e ciò non è poco.
 
E questo, da molto prima del recentissimo studio dei due economisti spagnoli, i calciatori ed allenatori l’hanno sempre saputo. La dimostrazione sta nel fatto che nel momento di scegliere l’ordine dei tiri, il vincitore del sorteggio sceglie quasi sempre di tirare per primo. Questo perché anche i campioni del calcio sono perfettamente consapevoli dei limiti della psicologia umana la cui importanza va ben al di là di quella della tecnica, e di conseguenza scelgono, se ne hanno la possibilità, di porsi in un quadro psicologico migliore e con il maggior numero possibile di probabilità a favore. E’ d’obbligo il “quasi sempre”: ad esempio, nel recentissimo quarto di finale del Campionato Europeo appena terminato, finito male ai rigori contro la Spagna, poi laureatasi brillantemente Campione d’Europa, il nostro portiere e capitano Buffon, dopo aver vinto il sorteggio alla monetina contro il suo collega spagnolo Casillas (già brillante protagonista in partita, con una parata incredibile che ha evitato un gol praticamente sicuro), ha stranamente scelto che a calciare per primi fossero gli spagnoli.
 
Il perché abbia preso una decisione così “folle” credo non lo sapremo mai. A me viene spontaneo pensare che potrebbe avere un po’ peccato di presunzione pensando di parare più rigori, in particolare i primi, dato che è il portiere più forte del mondo ed i tiratori spagnoli, ancorché bravi, erano tutti ragazzi giovanissimi poco più che ventenni che avrebbero anche potuto trovarsi in disagio. Ma in quel momento, con la sua decisione dopo la monetina, le probabilità dell’Italia di rivincere erano calate del 20%, e neanche a farlo apposta, poco dopo abbiamo perso!  (nella foto, Roberto Donadoni, “vittima” della lotteria dei rigori sia da giocatore nel mondiale Italia 90,  che da allenatore, nel recente Europeo 2008). Due anni prima, invece, nella finale dei Mondiali di Berlino contro la Francia, capitan Cannavaro , dopo aver vinto il sorteggio, scelse saggiamente di far battere per primi i suoi e così l’Italia divenne Campione del Mondo grazie anche all’ errore di Trezeguet che centrò la traversa ipnotizzato dal suo compagno di squadra Buffon.
 
Quale insegnamento trarre da questo studio statistico sui calci di rigore? Beh, innanzitutto, che dobbiamo essere perfettamente consapevoli dei nostri limiti psicologici. La consapevolezza non è sufficiente ad eliminare l’irrazionalità ma può essere usata per controllarla o per lo meno per non esserne sempre la vittima designata. Se accade a campioni di fama internazionale di essere vittime della propria irrazionalità, figuriamoci a dei comuni mortali quali la maggior parte di noi, vien da dire.
 
Eppure ce la possiamo fare. Qualunque cosa si faccia nella vita, non esiste alcuna ricetta magica per vincere sempre, tuttavia, e avrete modo di sperimentarlo di persona, la consapevolezza aiuta non poco: sono molte le situazioni in cui ci si misura con un contendente di vario genere, ed è possibile condurre il gioco mantenendo un vantaggio in termini psicologici e di probabilità.
 Ad esempio, su queste pagine avete letto l’articolo di Caranti sul teorema del NIM, il cui protagonista, forte della conoscenza delle regole matematiche del gioco, era praticamente imbattibile.

E’ vero che lui partiva da una posizione di vantaggio in quanto nessuno dei suoi avversari conosceva come lui la matematica del gioco, e quindi l’esempio è un po’ troppo ottimistico rispetto ai confronti che dobbiamo giocarci nella nostra vita. Tuttavia emerge in modo chiaro che possedere la conoscenza delle regole del gioco, e la consapevolezza dei nostri limiti, in particolare psicologici, ci può consentire di “giocare” mettendo noi stessi in una posizione di vantaggio e la nostra controparte in una posizione di svantaggio, e quindi, pur senza alcuna certezza di vincere, di condurre il gioco con le probabilità a nostro favore. Provare per credere!
 
Giangiacomo Rossi