Fuori programma: Il problema della brachistocròna
Mi scuso coi lettori appassionati di Opzioni e Derivati, ma per una volta vorrei non concentrarmi su grafici e pricing di strutture complesse, bensì dedicarmi ad argomenti di altra natura, ma non per questo meno interessanti e <perchè no> “illuminanti”. Parliamo di fisica, o meglio, di matematica a supporto dell’interpretazione della natura e di “fenomeni fisici”.
Sarà capitato a tutti voi lettori di sentirsi dire che “la strada più breve per andare da A a B è la linea retta che congiunge i due punti”, dunque, stando al modo di dire, sembra che la linea retta sia quella che minimizza la distanza fra il punto A e il punto B.
Sicuramente tale affermazione è vera nell’ambito della geometria euclidea (geometria basata sui 5 postulati di Euclide i cui elementi fondamentali sono il punto, la retta e il piano) e soprattutto quando ciò che si vuole realmente rendere minima è la distanza fra questi due punti: ma tale affermazione risulta ancora essere valida quando la grandezza che si vuole minimizzare è un’altra e non la distanza?
Beh, già l’esperienza quotidiana può venirci incontro per convincerci, se ve ne fosse bisogno, che non sempre è così!
Vista la bella stagione alle porte, supponiamo banalmente di dover andare dalla città A alla località marittima B.
Sicuramente se vi fosse una strada che congiunge i due luoghi in linea retta, essa sarebbe per definizione la più breve possibile che li collega, ma sarà anche quella che ci consentirà di giungere a destinazione nel minore tempo possibile? Già intuitivamente possiamo rispondere che così non è, la strada in linea retta potrebbe essere molto trafficata, piuttosto che avere un limite di velocità ridotto rispetto ad altre, motivi per cui, percorrendo una strada più lunga in termini di distanza, saremmo comunque in grado di giungere a destinazione molto prima.
Questo perché, solitamente, quando si viaggia dal punto A al punto B, ciò che si vuole cercare di rendere minimo è il TEMPO di percorrenza e non la DISTANZA!
Non a caso, i vari navigatori satellitari, piuttosto che i siti di strade e mappe, danno la possibilità di scegliere, tra diverse opzioni, il percorso più corto, più rapido o più economico, a seconda di quale sia la “variabile target” che si vuole minimizzare: distanza, tempo o costo.
Torniamo per un attimo ai ricordi di bambino che tutti noi abbiamo, immaginandoci nuovamente in cima ad uno scivolo, e domandiamoci: che forma dovrebbe avere questo scivolo per far sì che percorrendolo si possa arrivare a terra il più in fretta possibile?
Tale quesito prende il nome di “problema della brachistocròna”, dal greco brachistos (il più breve) chronos (tempo), posto dal matematico svizzero Johan Bernoulli nella seguente forma: "Determinare la linea curva che connette due dati punti posti a diverse distanze dall'orizzonte e non sulla stessa retta verticale, sulla quale [linea curva] un mobile iniziando a muoversi dal punto più alto, per la forza di gravità, discenda al punto più basso il più presto possibile".
Si potrebbe ritenere, in modo errato, che un semplice scivolo rettilineo sia la forma che consente di giungere a terra nel minor tempo possibile, ma così non è, in quanto per diminuire il tempo di percorrenza conviene iniziare il cammino con una forte pendenza, in modo da acquisire subito velocità, anche a scapito della maggior lunghezza del cammino da percorrere.
Senza tediare voi lettori con dimostrazioni matematiche ed equazioni strane, la soluzione a questo problema (alla quale hanno contribuito anche matematici quali Leibniz, Newton e De l’Hospital), è data dal ramo di una particolare curva chiamata cicloide, il cui andamento consiste nella traiettoria che descrive un punto su una circonferenza che rotola, senza strisciare, su un piano, come mostra l’immagine sottostante (al seguente link vi è una GIF animata http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/b4/Cycloid_animated.gif ).
Si osserva, dunque, come non necessariamente minimizzare la distanza implica rendere minimo anche il tempo di percorrenza.
Un’altra interessante caratteristica della cicloide è quella di essere tautocrona, dal greco tautos (stesso) chronos (tempo), ossia quella proprietà per la quale un corpo libero (ad esempio una pallina metallica soggetta alla sola forza di gravità) e senza attrito che percorra la curva (rovesciata) fino al punto più basso, impiega sempre il medesimo tempo a giungervi, qualunque sia il punto della curva dal quale abbia iniziato a muoversi.
Detta così potrebbe sembrare una proprietà di poco conto, però su di essa si basa il funzionamento degli orologi a pendolo, in quanto ciò implica che un corpo posto in oscillazione lungo un arco di cicloide impieghi sempre lo stesso tempo a percorrerlo qualunque sia l’ampiezza dell’oscillazione; tale fenomeno fu scoperto dal fisico/matematico Huygens che concepì il pendolo cicloidale perfettamente tautocrono.
Tornando al concetto di brachistocròna, essa segna la nascita di una branca totalmente nuova della matematica, in quanto la si può considerare come primo esempio di “calcolo delle variazioni” o “principi variazionali”, generalizzazione della teoria elementare dei massimi e minimi che viene applicata a funzioni in cui le variabili indipendenti sono a loro volta funzioni.
L’idea fondamentale che sta alla base dei “principi variazionali” consiste nel cercare di caratterizzare una traiettoria non attraverso una equazione differenziale, ma attraverso una proprietà di minimo o di massimo rispetto ad una famiglia di traiettorie.
Un altro esempio concreto di “calcolo delle variazioni” consiste nel così detto “problema del bagnino”: immaginiamo che un bagnante si trovi in difficoltà in mare e il bagnino debba correre in suo soccorso. Naturalmente la priorità di quest’ultimo è impiegare il minor tempo possibile per raggiungere il bagnante al fine di soccorrerlo, ma che percorso deve seguire per minimizzare il “tempo di soccorso”?
Consideriamo innanzitutto che il bagnino dovrà percorrere un primo tratto del percorso correndo sulla sabbia ed un secondo nuotando in mare: necessariamente le velocità che il bagnino riuscirà a tenere sui due tratti saranno diverse e presumibilmente sarà ben più sostenuta quella della corsa piuttosto che la seconda.
In sostanza, guardando anche il grafico che segue, si deve cercare di capire quale sia, tra le infinite “spezzate” di colore nero che collegano il bagnino al bagnante, quella che rende minimo il tempo di soccorso (in rosso è indicata la linea retta di congiunzione A-B):
Fissate delle velocità ipotetiche, ma plausibili, del bagnino sulla spiaggia e in mare, attraverso dei semplici calcoli geometrici, coi quali non vi annoio, è possibile calcolare il tempo totale Ttot di soccorso per tutte le possibili traiettorie spezzate, selezionando dunque quella che rende minimo tale tempo.
Bene, ciò che si ottiene è riportato nel seguente grafico:
Ecco verificato come, anche in questo caso, la traiettoria rettilinea che congiunge il punto di partenza a quello di arrivo non è quella che minimizza anche il tempo di percorrenza, ossia come non necessariamente si ottiene la minimizzazione del tempo rendendo minima la distanza da percorrere!
Il risultato è comprensibile anche a rigore di logica: il bagnino dovrà “sfruttare” al massimo la velocità ben più sostenuta della corsa compiendo un percorso più lungo della linea retta di congiunzione e “accorciare” il tratto da compiere nuotando nel quale la sua velocità è ridotta, dunque dovrà percorrere una traiettoria “spezzata” in due tratti rettilinei.
Se il bagnino, infatti, soccorresse il bagnante semplicemente seguendo la linea retta che congiunge le loro due posizioni, dovrebbe nuotare per una distanza superiore rispetto alla “traiettoria spezzata” ad una velocità inferiore rispetto alla corsa sulla sabbia, impiegando perciò un tempo superiore di soccorso.
E’ curioso constatare cosa accade estremizzando le velocità, ossia impostando quella della corsa sulla spiaggia ad un valore molto molto più elevato rispetto a quella in mare; il risultato lo si può osservare grazie alla curva in blu, sovrapposta alle due precedenti:
In sostanza si può notare una traslazione verso destra del punto d’ingresso in acqua, cosa anche questa in linea con la logica: se aumenta la velocità sulla spiaggia rispetto a quella in acqua è sensato che, per ridurre il tempo di soccorso, il bagnino percorra un tratto più lungo nell’ambiente più veloce, e uno più breve nell’ambiente più lento rispetto a quanto avveniva con le precedenti velocità.
SE E SOLO SE le due velocità (spiaggia e mare) sono uguali, allora la traiettoria che minimizza il tempo coincide con la linea retta di congiunzione dei due punti (quella in rosso), ossia con la traiettoria che minimizza anche lo spazio.
Per pura curiosità aggiungo che il fenomeno appena “esaminato” va sotto il nome di Legge di Snell, meglio nota come legge di rifrazione/riflessione della luce (o più in generale delle onde elettromagnetiche) che spiega la traiettoria che segue un raggio di luce passando da un primo mezzo nel quale si propaga con velocità v1, ad un secondo con velocità v2, compiendo dunque un angolo la cui ampiezza dipende appunto dalla relazione esistente fra le due diverse velocità di propagazione.
Avete presente quando siamo seduti a bordo piscina coi piedi a mollo e li vediamo in una posizione falsata rispetto alla realtà?!?!?!
Ecco: tale percezione distorta è motivata dalla legge appena citata.
Claudio Barberi
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